Festival della Creatività

Se non fosse a Firenze (e se non fosse per gli impegni), probabilmente non mi farei sfuggire l’occasione.

Inizia oggi 25 Ottobre alle ore 15.00 il Festival della Creatività.

40.000 mq di superficie espositiva, 400 eventi, 1600 tra artisti e relatori provenienti da 40 paesi del mondo, un palinsesto animato da grandi esponenti del mondo dell’arte e della cultura italiana e internazionale.

E voi? Che aspettate?

Creatività + Web 2.0 = Business

Claudio Vaccaro ha pubblicato le slide del Marketing Camp tenuto a Milano pochi giorni fa. Benchè siano un po’ complesse (se confrontate con quelle pubblicate da Luca qualche giorno fa), contengono alcuni messaggi che trovo davvero “professionali”, e siccome il suo non è uno di quei blog che vedo spesso nominati “nel giro”, voglio condividerle qui. Buona lettura.

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"Google Search” la prima (ricca!) fonte di revenue per Mozilla Foundation

Mozilla se la passa davvero bene. A quasi 67 Milioni di dollari ammontano i ricavi del 2006 (oltre un quarto in più rispetto all’anno precedente), la stragrande maggioranza dei quali….da Google!
Cioè, a me non era proprio chiaro, ma Mozilla (la Corporation e la non-profit Foundation) ricava oltre il 90% del proprio “fatturato” dai soldi che i motori di ricerca pagano per essere inclusi nella toolbar del popolare browser. Son cose che…

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BloggerCena a Roma (e discussione aperta sui network "sociali”)

In 19 (su 22 iscritti) ieri alla BloggerCena a Roma. Una bellissima occasione per conoscersi (adesso so che facce hanno Geekissimo, Aghenor e Senzastile, fra gli altri), rivedersi (con Giovy, a 300km e qualche mese di distanza) e condividere qualche riflessione dal vivo. In particolare ho trovato estremamente interessanti le chiacchiere fatte a fine serata con Gigicogo, Stefigno, con i quali si sono affrontati i temi della difficoltà di evangelizzare il grande pubblico all’uso delle tecnologie innovative come mezzo di razionalizzazione ed efficientamento (io lavoro nella PA, sapevatelo!) e dell’aspetto sociale-umano degli incontri fra persone che scoprono on-line di avere qualcosa di interessante da scambiare.

Proprio quest’ultimo aspetto è stato l’argomento di una accesa discussione (accesa nei toni, almeno) che ho avuto subito dopo la cena. I punti chiave della discussione sono stati tre:

  1. La disponibilità di tali tecnologie sociali ad un gran numero di persone;
  2. La profonda asimmetria nella disponibilità di tecnologie avanzate (fra “potenti” e “popolo”);
  3. L’innaturalezza di un rapporto sociale nato e cresciuto sul web.

Su tali tre punti il mio interlocutore ha dato la sua visione, profondamente lontana dalla mia, perlopiù, ma che voglio in qualche modo condividere.

1) La disponibilità di tali tecnologie sociali ad un gran numero di persone
Il punto su ci mi trovo maggiormente d’accordo, forse. Premettendo che ritengo la tecnologia di cui si parla “tecnicamente” disponibile (no,non serve un telefonino da 600 Euro! Basta un terminale da 100 Euro e anche meno, per mandare gli SMS) e a prezzi che sono già abbordabili e lo saranno sempre di più, c’è un aspetto effettivamente critico: il gap culturale. Che non consente a tutti di avere dimestichezza con gli strumenti. Ecco, noi, che facciamo i BarCamp, che pubblichiamo le slide, che interagiamo sui social network, dovremmo tenere presente che tutte le volte che usiamo un termine, non solo tecnico, ma anche solo vagamente anglofono, rischiamo di ingenerare nel nostro interlocutore antipatia e distacco, se non si tratta già di un addetto ai lavori. Comunque è anche per questo che c’è gente che si prende la briga di scrivere “guide” come questa. (LINK)
E comunuqe questo è il punto su cui NOI possiamo e dobbiamo fare di più, non solo raccontando quanto la notra rete sia un innovativo mezzo di marketing.

2) La profonda asimmetria nella disponibilità di tecnologie avanzate (fra “potenti” e “popolo”)
E’ così. Anche se posso cercare di evangelizzare chiunque spiegando che due anni fa, per via della scarsezza di banda (mobile) disponibile e dei relativi strumenti (e di molte altre cose, fra cui un network sociale in cui “avvisare in diretta”) era impossibile fare una diretta dell’evento di ieri sera come Gigi ha fattto appoggiando il suo portatile sul davanzale di una finestra, mi si potrà sempre ribattere che “i potenti” (quelli che spiano, che controllano, che decidono decidevano cosa dobbiamo guardare in TV rete) saranno sempre diversi passi avanti. Ecco, la risposta che non avevo pronta ma che ho in mente adesso è che il gap si è fortemente ridotto. La tecnologia continuerà ad evolvere e quella “nuova” sarà sempre in mano a chi ha più soldi; non credo che da questo assioma si possa scappare. Però senza gli strumenti che io mi ostino a chiamare sociali (nonostante questo faccia arricciare il naso al mio interlocutore: “una stretta di mano è sociale, un sorriso è sociale, non parlare con un PC!), probabilmente della Birmania avremmo saputo meno ancora di quello che abbiamo saputo. Non ce la “rivolta dei blogger” abbia mandato a casa i cattivi, peraltro…

3) L’innaturalezza di un rapporto sociale nato e cresciuto sul web
“Piuttosto che chiedere a qualcuno su Internet scendo per strada, chiedo a qualcuno, mi rivolgo ad un negozio specializzato. Così nel frattempo ho visto facce e persone!”. Come si fa a rispondere? Mettiamola così: se l’obiettivo è quello di rendere disponibili le informazioni, non c’è protesta che si possa avanzare nei confronti della rete, dei blogger, di chi semplicemente pubblica su un sito delle informazioni. Non può succedere (beh, forse questo andrebbe ulteriormente indagato) che tale comportamento “riduca” la qualità degli esperti. Quindi è un gioco “win-win”: chi vuole scendere per strada e trovare gli esperti può ancora farlo, chi preferisce affidarsi al suo dio (minuscolo!), può farlo pure.
Ma la crescita “sociale in senso stretto” è una cosa che non ha nulla a che fare con la disponibilità delle informazioni dietro allo schermo di un PC. Non va confusa la pigrizia con le disponibilità di un canale più comodo. Vado ad un esempio concreto: ricordo ancora le ricerche fatte ai tempi delle medie, in cui ci si incontrava con due o tre compagni di classe e si rovistavano enciclopedie intere (alzi la mano chi NON aveva l’enciclopedia “Conoscere” in 21 volumi!) alla ricerca delle informazioni utili. Perchè oggi dovrebbe essere diverso? Forse perchè i due o tre studenti si possono mettere a cercare su Google ognuno da casa propria chattando e condividendo le informazioni senza incontrarsi? Orribile, se fosse così lo scenario è orribile. Vuoi mettere la mamma che vi porta le tazze di cioccolata bollente mentre voi siete chini con la testa sul tavolo a prendere spunti e appunti (cioè “copiare”) dall’enciclopedia?
Ecco, questo scenario a me piace molto di più. Ogni ricerca finiva di solito sul tavolo del Monopoli. Se oggi non succede, non è colpa della tecnologia! Cioè, è chiaro che la sua disponibilità è un elemento abilitante, ma se papà si rompele palle di prendere la macchina ed accompagnarti a casa del tuo compagno di classe (nonostante tu gli abbia detto che è quello secchione, scelto apposta perchè ciò ti favorirà senz’altro, nascondendogli il fatto che si tratta anche della ragazza più carina della classe!) con la scusa che “tanto potete farlo su Internet”, allora è lui da condannare, non certo la tecnologia.

Mi piacerebbe sentire il commento di qualcuno di voi.

Cellulari sugli aerei. La finiamo?

Ogni tanto si ripropone questo tema sulla moltissimi dei siti che parlano di news, tecnologia etc. Oggi succede su Slashdot. Dice la BBC che le agenzie europee si stanno preparando, che ai vari operatori (nel senso delle aereolinee) verrà data la possibilità di scegliere se adottare o meno la tecnologia etc..
Ma a me sembra una stronzata. Cioè, ammetto che non sono un esperto, ma non capisco che cosa voglia dire usare il cellulare sull’aereo.
Forse si potrebbe usare il satellitare, ma non vedo in base a quale assurdo principio le antenne (che vi faccio notare sono sempre “tiltate” verso il basso per fare un “cono” di copertura) dovrebbero irradiare il loro segnale verso apparati che si trovano a 10 km di altezza.
Inoltre, l’handover (si chiama così?) fallisce in autostrada a 180 130 km all’ora. E a 700?!?
Come detto, non sono competente in materia, e se qualcuno ha delucidazioni, ve ne sono grato.

IT – Il digital divide delle PMI

Da una domanda molto puntuale di Antonio Savarese su linkedin è nata una interessantissima discussione, che meriterebbe senz’altro un seguito ed un dibattito.

Scrive Antonio:

[…]
Internet gioca un ruolo sempre più importante nell’allocazione dei prodotti, della forza lavoro e di tutti gli altri fattori produttivi, la comunicazione e l’informazione hanno trovato nella Rete un mezzo insostituibile e ormai basilare. Le possibilità offerte dalle ICT sono molteplici e le PMI dovrebbero approfittarne[…]
Purtroppo ogni giorno che passa alimenta il Digital Divide tra le PMI e le grandi aziende in termini di mancanza di accesso e di fruizione delle nuove tecnologie di comunicazione e informatiche.
Qual è il problema? Problema culturale? Mancanza di fondi o cos’altro?

Già, qual’è il problema. Anzi, quali sono i problemi?

Nell’ambito della discussione, che vi invito ad andare a leggere, molti spunti interessanti. Ne cito qualcuno che mi ha colpito (e sottolineo che mi ha colpito, magari perchè non l’approvo affatto!):

A mio parere il problema è prevalentemente culturale, di visione del futuro, di immaginazione creativa. […] In molti imprenditori vige ancora il sinonimo internet – svago (o peggio internet – perdita di tempo).

Pero’ aggiungo che i fondi ci sono, ma la mia esperienza mi dice che molte PMI vogliono fare innovazione soprattutto se paga il contribuente (cioe’ finanziamenti europei, nazionali, regionali, etc).

Chiunque è disposto a innovare e a spendere in novità se questo gli offre un vantaggio competitivo. In Italia, scusate l’amarezza di 25 anni di mestiere, spesso il vantaggio competitivo è di natura clientelare o altro che lascio all’esperienza dei singoli. Perchè allora innovare? Perchè mettere un sito internet se si vende per canali privilegiati? (interessante analisi, è la mia nota.)

Anche io ho postato la mia risposta:

Rispondo direttamente alla domanda originale: qual’è il problema?
Banale: i soldi, l’infrastruttura, una visione dei nostri governanti che rimuova gli ostacoli.
Articolata: in Francia ed in Nuove Zelanda (si, un paese con meno di 5 milioni di abitanti) hanno fatto i conti di quanti miliardi di euro lo sviluppo della fibra ottica nel paese possa apportare (non alle casse dello stato, ma come risparmi dell’efficientamento di molti processi, sia B2B che B2G), mentre da noi se tutto va bene le licenze wimax le prenderanno …sappiamo chi. Ecco il primo problema, ad oggi una piccola azienda localizzata in una valle Bergamasca ha un accesso alle infrastrutture telematiche penoso e costosissimo. Provate a chiedere a chi ci vive e lavora, io l’ho fatto (chiederlo, non lavorarci) e mi sono reso conto che le aziende si trovano di fronte a grossi ostacoli.
Ai costi di connettività “land line” fanno eco quelli di connettività mobile, che sono fra i più alti d’europa. D’accordo, abbiamo un’orografia che non aiuta nell’istallazione di antenne e ponti radio, ma insomma…

Il problema culturale c’è, niente da dire. Ma ad un imprenditore competente e cosciente del proprio business, se fate vedere i vantaggi, numeri alla mano…non c’è motivo per cui non debba seguirvi nello sviluppo di un nuovo canale o di una nuova tecnologia. Anche se fosse puro FUD come il web 2.0. Chiedete ai produttori del Nabaztag.

Credo che la discussione potrebbe continuare, anche qui, per essere aperta a tutti.

Microsoft ed il “suo” Web 2.0

Ieri ero curioso. Poi ho visto la headline e mi sono esaltato. Poi ho letto la notizia e …niente, l’esaltazione è svanita.
Il colosso di Redmond annuncia (tramite uno dei suoi più noti evangelisti) che sta per aggredire il mercato, e lo fa come? Con una partnership cmmerciale con Atlassian (che integrerà Confluence, il loro wiki, in SharePoint) e con NewsGator ( che offrirà ‘NewsGator Social Sites’, ovvero una collezione di templates e WebPart per SharePoint).
Scusate, ma io mi aspettavo qualcosa di più…
Sarà che SharePoint l’ho preso un po’ in antipatia quando per riuscire ad implementare quello che volevamo abbiamo dovuto scrivere tonnellate di javascript (vero che era alle prime versioni e che nel 2001 mica lo sapevo che si poteva programmare ad oggetti anche javascript!), ma mi ero fatto l’idea che l’ingresso sarebbe stato un po’ più violento.
Vedremo i risultati.
Nel frattempo sul sito di casa hanno allestito una bella libreria di whitepaper, per cui se volete sapere Come usare Blog e Wiki in Azienda, o Come Portare il Web 2.0 nella Vostra Azienda col Nuovo Office 2007, potete andare a leggere là. A me i white paper fatti così mi danno un po’ ai nervi.

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L’iPod Nano Index per valutare il potere d’acquisto

Non è una cosa proprio nuovissima. Già vent’anni fa The Economist aveva lanciato il Big Mac Index, una via abbastanza grossolana ma pratica per confrontare il valore di diverse monete nei rispettivi paesi. Bene, adesso è il momento di cambiare il riferimento, e l’iPod è decisamente la rappresentazione del gadget più desiderato e diffuso del momento, ed è sul mercato da un tempo sufficiente perchè il suo prezzo nei vari paesi non subisca l’effetto temporaneo dovuto al lancio.
Interessante scoprire che l’iPod Nano da 2GB che all’inizio dell’anno costava in Italia l’equivalente di 193 dollari, in Brasile costava poco meno del doppio, mentre in Usa, Giappone e Canada “scambiava” a meno di 150 dollari.

Capire il Web 2.0. Un’ottimo punto di partenza.

Ammetto che per pulizia dei concetti, semplicità, struttura e soprattutto correttezza (che si dovrebbe dare per scontata ma ahimè…), quello che linko è uno dei migliori articoli introduttivi ai concetti del web 2.0 che mi sia capitato di leggere. Lo consiglierei a chi vuole farsi un’idea del perchè la semantica e una certa caratterizzazione delle pagine web che ogni giorno sfogliamo, stanno cambiando il nostro modo di vivere la rete.
Buona lettura.