America’s Cup 2009..ehm..2011..ehm..

Qualche giorno fa ero pronto ad annunciarvi con tutto il necessario entusiasmo le date ed i programmi per la prossima edizione della manifestazione di vela più famosa al mondo.
Entusiasmo in buona parte dovuto alle regole per la progettazione delle nuova barche.Il nuovo Design America’s Cup Più grandi, più veloci (soprattutto nele andature portanti), più tecniche e difficili (20 persone di equipaggio, invece delle attuali 16). L’annuncio, dato a suo tempo (primi di Novembre), parlava già del mese Luglio 2008 come “inizio delle ostilità”. Il vero problema è che sono le ostilità legali a non voler finire, e siccome trovare sponsor che ci mettano la faccia (e qualche dicina di milioni di dollari…ehm..) non è semplice, se il tuo “caso” è ancora in discussione, probabilmente il tutto verrà spostato di due anni, al 2011. Perchè non nel 2010? Perhcè ci sono i mondiali di calcio, ovviamente.
Peccato, mi ero già documentato con le caratteristiche tecniche, il formato dei vari Act e delle Regate, le formule dei punteggi.

Siete curiosi di sapere che ci fanno 16 persone in barca?!?

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Una backdoor dell’NSA?!?

Non è detto. Almeno non è provato. Ciononostante gli esperti mondiali di sicurezza sono piuttosto preoccupati.
Un minimo di cronistoria è forse necessario.
Il National Institute of Standards and Technology (NIST) ha recentemente rilasciato la pubblicazione 800-90 in cui viene documentato uno standard, denominato Dual_EC_DRBG, per la generazione di numeri casuali (le 4 lettere finali del nome sono l’acronimo per Deterministric Random Bit Generator).
Alla conferenza CRYPTO2007 Niels Ferguson e Dan Shumow hanno presentato un loro lavoro (descritto più sinteticamente in questo blog), nel quale sollevano diversi dubbi sulla scelta di tale standard. Gli elementi che non tornano sono fondamentalmente legati all’interessato supporto/sponsorizzazione da parte della NSA, per un sistema che è per lo meno più lento di altri.
Il sistema si basa su una predefinita sequenza di numeri di cui non è stata comunicata l’origine che consente l’elaborazione delle chiavi di cifratura. Il sospetto, avanzato dai due ricercatori, è che possa esistere una seconda sequenza di numeri matematicamente legata alla prima, e che consentirebbe appunto di decodificare praticamente qualunque messaggio.
Per essere precisi cio’ che Shumow e Ferguson hanno dimostrato è che questa sequenza di numeri è in relazione con un secondo vettore. Loro non conoscono questa seconda sequenza, ma dato che non si sa come siano stati generati i numeri principali, chi li ha generati potrebbe benissimo conoscerla, e con tale conoscenza potrebbe predire la sequenza pseudo casuale dopo aver analizzato appena 32 caratteri di una sequenza crittografata, semplicemente sniffando su Internet.
Indipendentemente dalla “volontà” di inserire questa possibile backdoor, ne risulta che comunque l’algoritmo è molto fragile, potendo essere copromesso (l’algoritmo in se, e di conseguenza tutte le sue implementazioni!) dalla soluzione di un singolo problema matematico. C’è una sinteticissima presentazione qui, mentre l’articolo originale è apparso su Wired.

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Partecipare all’Android Challenge dall’Italia: follow-up

Pochi giorni fa ho scritto dell’idea di Stefano Quintarelli di supportare gli sviluppatori italiani che volessero cimentarsi nella gara. Ho commentato sull’argomento anche in un post di Napolux, sollevando scetticismo. Oggi Stefano ripropone la sua soluzione, con qualche dettaglio in più.

[tags]GAC, android[/tags]

Android Challenge: in palio 10 Mln di Dollari. Ma non per l’Italia. O forse sì.

Più di una persona (fra cui Luca e Napolux) ha fatto notare che l’Italia è esclusa dalle nazioni i cui cittadini possono partecipare alla sfida per la realizzazione di applicazioni per Android.

Il problema risiede secondo l’analisi di molti nel rigido regolamento italiano per la realizzazione di concorsi.

E allora? E allora per fortuna l’Italia (e la blogosfera) è piena di risorse e di gente che sa guardare oltre l’ostacolo, come Stefano Quintarelli, che sul suo blog propone un interessante workaround al problema. Cito:

Facciamo cosi’:

  • chi vuole partecipare comunque, se lo ritiene, mi manda la documentazione e mi fa provare i servizi.
  • Io li valuto coinvolgendo qualche amico di 1generation.net (devo ancora dirglielo) e a mio insidacabile giudizio, per almeno 5 idee, finanzio e curo la costituzione di una società all’estero, in modo che la società partecipi alla gara.
  • se una poi piglia i soldi, mi restituisce quello che ho speso e chi ha pigliato il finanziamento subentra nella societa’ e cosi’ si trova i soldi e una societa’ all’estero bella e costituita.

ale’.

Che dire, grazie Stefano e in bocca al lupo ai partecipanti!

[tags]Android, challenge, adc[/tags]

Meglio il Blog del Tamagochi…

Fortuna che ho un Blog e non un Tamagochi. Se non altro il primo non muore (di noia/fame/altro) se non lo considero minimamente per una settimana. Certo, mi dispiace per i lettori ma…c’est la vie!

Riapro allora solo per raccontarvi i miei giorni a San Francisco, almeno quello in cui sono arrivato qui, e la giornata odierna.

Martedì alle 14.00 locali avevo già preso possesso della macchina a noleggio. Qui la “base” è una Pontiac G6. Peccato che non ci fosse nella versione coupè. I soldi meglio spesi sono stati sicuramente i 50$ per il navigatore satellitare. Letteralmente benedetti. Tra l’altro qui il navigatore ti dice anche se ci sono code o incidenti sul tuo percorso. Figata.
La sera ho fatto un giro a San Francisco, vedendo nell’ordine tre scene da (tele)film:

  1. Sulla Highway 101, i CHiPs;
  2. Per le strade di SF, i tombini che “fumano” vapore;
  3. Sempre downtown, un intervento del San Francisco Fire Department.

Poi sono tornato in albergo causa gli impegni previsti per la mattina dopo (e comunque ero sveglio da circa 24 ore, dato il fuso!) Non mi sono però risparmiato la cena messicana, fantastica.

Oggi è stata una giornatona, aperta con la visita al museo di arti moderne, il SFMOMA, e di seguito i vicinissimi giardini di “Yerba Buena” (con un nome così, come si fa a dire di no?), per poi fare un giro nella zona portuale (l’Embarcadero) con il suo mercatino. Quindi in nave verso la zona ovest della baia, diretto a Oakland, dove alle 19.30 era in programma l’incontro di basket che vedeva i locali Golden State Warriors opposti ai Dallas Mavericks. Tra l’altro mi pare di aver capito che è stata la “sfida scudetto” dello scorso anno, quando i Warriors le hanno suonate ai Mavericks. Stasera invece i signori di Dallas si sono rifatti, dopo un match veramente equilibratissimo e sempre sul filo del rasoio. Ah…Baron Davis (dei Warriors) è un grandissimo. Tra le mille acrobazie ha fatto almeno un tap-in in schiacciata che penso entrerà nella sigra dell’NBA.

Comunque una delle cose più divertenti della serata è stato, dutante l’intervallo, il lavoro di un pittore (che di cognome fa Garibaldi!!!) che in 10 minuti ha dipinto su una tela la faccia di Carlos Santana (mentre la usica di sottofondo lo richiamava già). Di per se non sarebbe stata una cosa allucinante, se non fosse che appena si è chiaramente delineata la sua fisionomia, Carlos Santana, che era seduto lì in prima fila (1600$, per la vostra curiosità, il costo del biglietto) si è alzato ed è andato a congratularsi! Vabbè, scommetto che la cosa era organizzata per promozione, però bellissima lo stesso. Sul sito dei Warriors hanno appena pubblicato il video (che purtroppo non ha un permalink! Ma bisogna spiegargli tutto a questi ignorantoni della Silicon Valley!).

Ne avrei altre di cose da raccontare (compresi i commenti alle cose viste oggi), ma qui è l’una del mattino passata, io sono sveglio dalle 6.00, e quindi vi rimando al prossimo aggiornamento, nel quale forse vi parlerò anche di quanto mi è stato utile il fidato Upcoming.Org.

Google OpenSocial: non un altro network sociale, ma una piattaforma di integrazione

Rivelati i primi dettagli dell’ultima iniziativa del gigante di Mountain View: Google OpenSocial (attenzione, il link dovrebbe andare live Giovedì!).
La prima notizia degna di nota è che non si tratta del nuovo, ennesimo network sociale al quale iscriversi solo per “vedere com’è”. OpenSocial, che dovrebbe andare on-line nei prossimi giorni, promette di essere una piattaforma di integrazione fra network sociali. A parte l’uscita di marketing (per deviazione professionale, dove vedo la parola “integrazione” già tendo ad etichettare il pezzo come vaporware), andadno a guardare le specifiche si capisce che probabilmente del buono c’è. Eccome!
In pratica Google OpenSocial è un set di (solo tre!) API, tutto sommato molto semplici (com’era la filosofia di UNIX, per capirci) e di obiettivo assolutamente chiaro:

  • Profile Information (accesso dati utente)
  • Friends Information (il cosidetto social graph)
  • Activities (eventi, aggiornamenti feed etc.)

In pratica, invece che creare un network sociale, Google ha ben pensato di creare un framework che di suo può integrarsi con diversi host (così vengono definiti i network presso i quali i dati continuano a risiedere). Sono già diversi quelli che supportano l’iniziativa: Orkut, Salesforce, LinkedIn, Ning, Hi5, Plaxo, Friendster, Viadeo e Oracle.
Ma più interessante è andare a capire chi può essere interessato, dall’altra parte, ad utilizzare questi servizi. Il fatto stesso che i primi “utenti” siano Flixster, iLike, RockYou e Slide (cioè gli sviluppatori più “vincenti” di applicazioni per Facebook) la dice lunga…

L’idea di condividere fra vari network sociali un “protocollo di accesso” a questi dati di base – le API di cui si diceva prima servono esattamente a questo – consente agli sviluppatori di scrivere un codice unico che funziona allo stesso modo su tutti i network. Al momento invece Facebook usa un’architettura pubblicata ma proprietaria.

E fra tutti i post (vedi i “via” in fondo al post), quello più interessante è in assoluto quello di Marc Andreessen, che nella cosa è particolarmente coinvolto, essendo il fondatore di Ning.

In due parole, il framework è fatto per Containers (le citate Orkut, Linkedin, Ning…) e per Applications (tipo iLike etc..). Cioè esattamente il modello di Facebook. Con una, non irrilevante, differenza: nel caso di Facebook l’unico container possibile è….Facebook! E le applicazioni devono essere scritte apposta per questo, utilizzando API e linguaggi proprietari come FBML (Facebook Markup Language) e FQL (Facebook Query Language).

Come detto le API non sono state ancora pubblicate, ma se qualcuno di voi smania dal desiderio di sporcarsi un po’ le mani, può andare a curiosare nella documentazione delle API di Ning.

via RWW e TC

UPDATE: Bene, oggi ne parla tutto il mondo…per qualche motivo è saltato il trackback sul post di Marc Andreessen (qui quello di oggi) e…no, basta lamentele! Oggi ne parla anche Marco Montemagno.

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Programmazione Teatri a Roma

Daccordo che non è come al cinema. Nel senso che quando decidi di andare a vedere uno spettacolo a teatro probabilmente lo fai perchè hai visto la locandina, o conosci la programmazione di quel teatro. Non è appunto come al cinema dove scegli il film perchè hai visto il trailer e poi vai a cercare in quale sala lo danno.

Ciononostante il servizio offerto da QualeTeatro, che ho scoperto da una segnalazione di Luca, è davvero ben fatto. Ha le mappe di Google integrate, tra le altre cose, che consentono di avere una bella visione di insieme di tutti gli spettacoli nei vari teatri della città. Ancora una volta: i teatri di Roma (Roma perchè è grande e Roma perchè è la mia città!) non sono certo tanti quanti i cinema, e di solito uno ne sceglie 2/3 di cui conosce la programmazione quasi a memoria. però e comunque utile, ad esempio se vuoi invitare qualcuno.

Molto apprezzaile l’idea del geotag con la cloud per le città, ma mi permetto di suggerire una funzionalità per impostare via cookie la propria città (nel 90% di casi, concorderete, la ricerca la si farà in quella) e magari mettere la cloud con gli autori.

Complessivamente è davvero ben fatto, e molto intelligente come idea, e penso sarà anche molto apprezzata dagli “inconsapevoli” sponsor, visto quanto sono chiaramente indirizzati ed azzeccati i link di AdSense che compaiono. Kudos ad Alberto.

TrinacriaCamp (e Firma Digitale dell’email)

Non ce l’ho fatta. Avrei voluto partecipare, lo avevo anche quasi-promesso al mio caro amico Roberto, ma non sono riuscito ad organizzarmi (causa eventi agonistici della domenica) per essere presente al TrinacriaCamp che si è tenuto a Catania lo scorso Sabato.

A quanto pare il primo Camp siciliano è stato un successo. Fra i vari interventi vi segnalo quello di Gianni Amato sull’uso della firma digitale nella posta elettronica. Le slide sono relative ad un intervento decisamente per newbies, ma sono molto molto chiare.

Middle Sea Race 2007

Non credo che nessuno potesse immaginare due eventi di tale portata che occorrono nel giro di 24 ore! Il superamento di un record che durava da 7 anni, e un quasi-naufragio.

Rambler, Vincitore della Middle Sea Race 2007Le condizioni sono state davvero pessime. Pare che Ken Read, lo skipper del 90 piedi Rambler che ha battuto il record, abbia detto che la regata è stata … ‘really windy’! Se lo dice uno così…
Coi primi ’50 nodi’ incontrati l’equipaggio è stato costretto a viaggiare con la velatura ridotta ad una tormentina. Nelle successive 18 ore si sono potuti permettere una randa con tre-dico-tre mani di terzaroli. Risultato: una planata unica a oltre 15 nodi verso il successo (scontato) ed il record.

Dall’altra parte invece c’è lo yacht Loki, che in piena planata ha rotto la pala del timone. Uno dei primi a raccogliere l’appello è stato Tommaso Chieffi, a bordo di Atalanta II, lo splendido (e velocissimo) vascello di Carlo Alessandro Puri Negri, che ho avuto il piacere di vedere in navigazione alle Eolie nell’anno del suo varo. Purtroppo, racconta Tommaso, non è che si potesse fare granchè. Troppo vento e troppo rollio, impossibile avvicinarsi e cercare di rimorchiare la barca. E’ intervenuta la guardia costiera con un elicottero (please note: con 40 e più nodi di vento, la pioggia, e di notte! Citazione Obbligatoria: “Coraggio Professore, poteva andar peggio!” Indovinate nei commenti), che ovviamente non ha potuto recuperare le persone “da sopra” ma ha dovuto far lanciare in acqua (per ben due volte) il ‘rescue diver’ Antonio di Domenico.
La barca è poi stata lasciata all’ancora, date le condizioni del mare. Qui un resoconto più dettagliato.

Mi vergogno quasi di iniziare domenica il Campionato Invernale di Fiumicino a bordo di un comodissimo 56 piedi! (Skerzo, eh, signor armatore!)

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