Notiziola di oggi: rilasciata al versione Final delle specifiche OpenID 2.0. La notiziola (riportata anche da Geekissimoriportata prima di tutti dal tempestivo Gigi!) diventa una notiziona se la si accompagna col fatto che nella stessa giornata anche Microsoft e Google annunciano importante supporto al progetto, la prima in alcune versioni preliminari (bah…) dei suoi software e la seconda nella beta della piattaforma Blogger, sia per i commenti che per l’autenticazione.
[tags]openid[/tags]
Category: Web
Beacon, Facebook e la Privacy (e anche un’extension di Firefox per difendersi)
Il mondo pare avercela con Beacon, la nuova piattaforma di advertising lanciata su Facebook.
Il principio di funzionamento è molto semplice: ogni sito partner che vuole interagire con la community di [tag]Facebook[/tag] può inserire nel proprio sistema poche righe di codice che notificano alla rete sociale le azioni dell’utente (avvisandolo, comunque) relative ad acquisti e navigazione. Queste storie vengono quindi pubblicate nel feed dell’utente. L’idea di base è che la pubblicazione sul mio profilo dei miei acquisti possa funzionare da passaparola, da marketing virale, verso gli altri utenti del mio social space.
Ci sono senz’altro delle cose sbagliate in questo meccanismo, la prima delle quali è il modo in cui la feature è stata introdotta, e la seconda è la poca chiarezza sul trattamento di tali dati anche nel caso che un utente decida di non pubblicarli nella pagina del proprio profilo.
Il caso clamoroso è stato quello di un utente che ha comprato su un sito (tra quelli partner di Facebook in questa iniziativa) l’anello di fidanzamento per la sua dolce metà, la quale lo ha scoperto sul news feed del proprio amato! Sorpresa rovinata, come minimo!
Vediamo cosa non va (o non andava).
Opt-in vs. Opt-out: al lancio dell’iniziativa era materialmente difficile comprendere cosa stesse succedendo, e all’utente non veniva proposto di condividere le proprie azioni, ma, al contrario, il default era il consenso. Ora questo meccanismo è stato corretto, anche se è stato segnalato che i dati vengono comunque condivisi con Facebook. Vedi punto successivo…
Le mie azioni di acquisto vengono comunque condivise: secondo questo articolo su Computerworld, le azioni di acquisto e navigazione degli utenti vengono comunque tracciate (e questo però lo diamo ormai per scontato) e spedite a facebook, anche se l’utente ha deciso di non fruire del sistema, e anche se ha già effettuato il logoff da Facebook. Un portavoce di Facebook ha detto che loro cancellano i dati: chi ci crede alzi la mano!
Gli utenti non sono informati in maniera trasparente: cosa succederebbe se Facebook facesse sapere chiaramente, a tutti i suoi utenti, cosa fa con i loro dati? Se dicesse loro che li vende ad agenzie di marketing? Tutti cancellerebbero il proprio account?
Difendersi
Non dovrebbe toccare all’utente difendere la propria [tag]privacy[/tag], è vero. Ma piuttosto che rimanere con le …spalle scoperte, magari ci si può attrezzare con un piccolo plugin che non fa altro che avvisarci con una iconcina nella statusbar se la pagina che stiamo visitando raccoglie le nostre azioni sul sito per inviarle alla piattaforma [tag]Beacon[/tag].
Realtime Flight Delay: il più bel Mashup con Google Maps
Credo sia il mashup più bello che io abbia visto di recente. E peraltro molto utile, soprattutto per chi viaggia tanto. E soprattutto in giornate come questa tempestate di scioperi.
Peccato solo che al momento funzioni solo per gli Stati Uniti.
Andatevi a vedere FlightWait.com.
Un Software per scovare la Net-Non-Neutrality
La Electronic Frontier Foundation (EFF) ha pubblicato una completa analisi della discussa attività di mangling dei pacchetti effettuata dal provider Comcast, di cui si discute da diverse settimane. E ha inoltre rilasciato un software e della documentazione che dovrebbe consentire agli utenti di testare il proprio traffico e scovare eventuali maneggiamenti da parte del proprio ISP.
[via Slashdot]
UPDATE: cercavo un contatto sul sito di Stefano Quintarelli, per segnalarglielo, e invece…mi ero perso il suo post sull’argomento!
[tags]net neutrality, EFF[/tags]
Il GPS…senza il GPS: Google Maps per Mobile con MyLocation!
Considerando che si tratta solo del secondo post del neonato Google Mobile Blog, è una bella bomba! 🙂
Ecco il punto: il principale limite nell’uso dell’applicazione Google Maps su un cellulare non dotato di antenna GPS è dato dal fatto che per avere informazioni iperlocali, o per avere le directions verso la vostra destinazione, dovete comunque inserire l’indirizzo di partenza.
Se invece il cellulare (o il palmare) ha un’antenna GPS, dopo qualche secndo dall’avvio dell’applicazione (dipende dallo stato della copertura e dallo stato di attivazione del sottosistema GPS) vedrete il pallino blù che indica la vostra posizione, e, cosa più importante, il software “saprà” dove vi trovate.
Ma diciamoci la verità: la stragrande maggioranza degli utenti mobili, anche di quei power user che sono effettivamente gli utenti mobile di servizi Internet, naviga con cellulari o palmari che non hanno un’antenna GPS integrata. Ebbene, il nuovo servizio promette di superare questo limite, usando l’informazione ricavabile dal posizionamento rispetto alle “celle ” della rete mobile da cui siete coperti, per fornirvi un’indicazione approssimativa della vostra posizione!
Alzi la mano chi ha già esclamato “Figata!”.
Nel video che vi propongo di seguito è illustrato il servizio, mentre per i dettagli tecnici…ancora non ne ho! Mi pare però di capire che la cosa non è basata sull’A-GPS, che non mi risulata funzionare in posti diversi dagli USA/Canada.
Intanto potete provarlo dal vostro cellulare, seguendo questo link: Google Maps per Mobile.
Per attivare la funzione “MyLocation” basta premere il tasto “0” (Zero).
[tags]googlemaps, gps, mylocation, lbs[/tags]
Google Earth destinato a scomparire
Almeno questo è quello che sostiene TechCrunch, in un articolo che analizza come l’acquisizione di Keyhole da parte di Google nel 2004 fosse non tanto orientata al software in se, ma all’opportunità di acquisirne alcune delle funzionalità per integrarle in Google Maps.
In effetti nella strategia del colosso, un software pure web è più coerente di uno da scaricare, per quanto…
Io continuo ad apprezzare tantissimo la versione desktop. Una delle cose che mi piaccioni di più è la possibilità di sovrapporre i layer meteo nelle zone che mi interessano.
Adesso un piccolo sondaggio: chi di voi usava KeyHole prima che se lo comprasse Google?!?
[tags]GoogleEarth[/tags]
Web, HD, palinsesti ed interattività: due casi recenti
Il caro amico e collega Salvatore, nella sua periodica attività di indagine e scouting, ha scovato delle interessanti ricerche, e condiviso delle riflessioni che condivido qui.
Si parla di HD (High Definition) su Internet e si portano sue esempi apparentemente in controtendenza: una AOL che “abbandona” la HD dicendo che non c’è business e una Akamai che invece sta investendo pesantemente verso la HD, fino addirittura a creare un portale “demo” per utenti e – soprattutto – content provider.
Ci sono ad oggi tre modelli principali di servizi di televisione che utilizzano le tecnologie Internet/IP su reti private o pubbliche:
1 – le IPTV di operatori TLC, esclusivamente su reti IP chiuse -> device primario il box, QoS gestita, HD possibile (pur con molti limiti di palinsesto/canali); modello di business: focus sul contenuto e sulla library di partner “mainstream” Terzi (major del cinema, broadcaster…) o anche autoprodotti (Telecom, Sky etc); conseguente modello di servizio: 90% content, 10% interattività; esempi: Alice, BskyB, Fastweb…
2 – le Internet TV (P2P e non) di attori “nuovi entranti” nel settore media, esclusivamente su reti IP pubbliche o di partner terzi -> device primario il PC con client software dedicato, possibilità di streaming su TV ma non a livello mainstream, in alcuni business model utilizzo di box come device primario; modello di business: non hanno (ancora) le risorse finanziarie per costruire grandi mediateche, produrre serie, integrare le major del cinema etc, puntano (o meglio: sono costretti a puntare) su un target di utenti “tecnologici”, fanno leva in modo bilanciato su content “professionale” di provider, advertising, user-generated-content e “microacquisti di pay-per view / pay per own”; conseguente modello di servizio: mix di accesso a contenuto, browsing, sharing, upload, servizi di community che abilitano la propagazione di contenuti e pubblicità; esempi notevoli: Joost, Vuze, Babelgum, AppleTV (box dedicato ma PC/Mac necessario, almeno per ora)
3 – le Web TV, esclusivamente su reti IP pubbliche o di partner terzi -> device primario il PC con Web browser; modello di business: valgono le stesse considerazioni del punto (2), con in più la considerazione che il canale/device/PoC (Point Of Contact) Web è più orientato all’interattività ed al browsing (by definition, direi) che alla fruizione, download o streaming di contenuti “lunghi”, vuoi per le limitazioni della rete IP pubblica, vuoi perché l’attitudine di chi decide di dedicare un’ora al Web invece che alla Internet TV (2) è di esplorare, andare da sito a sito mentre nel caso (2) siamo su un modello di rete aperto ma di device (client PC) chiuso con contenuti limitati: si va su Joost per il telefilm Sci-FI particolare, su Vuze per il download di videogiochi ed i telefilm e film “indie” etc; si va in giro per il Web in cerca del “nuovo”: 15 minuti su Youtube, un’occhiata all’area musica di MySpace, le foto di un amico messe su Flickr, l’upload del video del proprio gatto etc; il modello pubblicitario legato ai video/musica conta ancora poco (circa 5%) rispetto a quello dell’advertising “direct” dei banner, newsletter e dei modelli Web di co-marketing; di conseguenza il modello di servizio è orientato essenzialmente al “mash up” di content e servizi di vari attori e alla massima interattività; esempi: MySpace Video, Yahoo Video, YouTube, N3TV.it, blogtv…
Ho messo in ordine “”calcolato” (1, 2, 3) le categorie di cui sopra: andando da 1 a 3 si passa da un concetto di “palinsesto” ad uno di “aggiornamento cadenzato” fino ad una logica completamente rovesciata ed estrema in cui il “palinsesto”, inteso questa volta come “insieme delle cose da vedere”, è deciso dalla community / base di utenti rispetto al gradmento / segnalazione di contenuti a priori non prevedibili (es: con buona pace del canale CBS su Youtube, quest’oggi il video più visto sarà quello del mio gatto).
Di conseguenza, andando da 1 a 3 la HD diventa progressivamente possibile / problematica / impossibile
A. per via della mancanza progressiva sia di banda sia di controllo sulla QoS
B. per il progressivo diminuire del “valore” del content “push” rispetto all’interattività / content user-generated, per ha progressivamente meno senso investire banda in HD ed ha invece più senso dedicare tale banda ad incrementare le performance complessive del servizio e la user experience degli utenti.
Akamai mira a creare business HD nell’ambito dei servizi TV di tipo (1) e (2), in cui ha perfettamente senso immaginare canali/palinsesti HD o almeno content “premium” HD on demand. AOL opera nell’ambito (3) ed a quindi una prospettiva completamente rovesciata.
Ecco i link ad i due articoli.
http://newteevee.com/2007/11/01/does-hd-online-matter-aol-cbs-sa
http://newteevee.com/2007/10/29/akamais-new-hd-strategy-show-dont-tell
Partecipare all’Android Challenge dall’Italia: follow-up
Pochi giorni fa ho scritto dell’idea di Stefano Quintarelli di supportare gli sviluppatori italiani che volessero cimentarsi nella gara. Ho commentato sull’argomento anche in un post di Napolux, sollevando scetticismo. Oggi Stefano ripropone la sua soluzione, con qualche dettaglio in più.
[tags]GAC, android[/tags]
Android Challenge: in palio 10 Mln di Dollari. Ma non per l’Italia. O forse sì.
Più di una persona (fra cui Luca e Napolux) ha fatto notare che l’Italia è esclusa dalle nazioni i cui cittadini possono partecipare alla sfida per la realizzazione di applicazioni per Android.
Il problema risiede secondo l’analisi di molti nel rigido regolamento italiano per la realizzazione di concorsi.
E allora? E allora per fortuna l’Italia (e la blogosfera) è piena di risorse e di gente che sa guardare oltre l’ostacolo, come Stefano Quintarelli, che sul suo blog propone un interessante workaround al problema. Cito:
Facciamo cosi’:
- chi vuole partecipare comunque, se lo ritiene, mi manda la documentazione e mi fa provare i servizi.
- Io li valuto coinvolgendo qualche amico di 1generation.net (devo ancora dirglielo) e a mio insidacabile giudizio, per almeno 5 idee, finanzio e curo la costituzione di una società all’estero, in modo che la società partecipi alla gara.
- se una poi piglia i soldi, mi restituisce quello che ho speso e chi ha pigliato il finanziamento subentra nella societa’ e cosi’ si trova i soldi e una societa’ all’estero bella e costituita.
ale’.
Che dire, grazie Stefano e in bocca al lupo ai partecipanti!
[tags]Android, challenge, adc[/tags]
Google OpenSocial: non un altro network sociale, ma una piattaforma di integrazione
Rivelati i primi dettagli dell’ultima iniziativa del gigante di Mountain View: Google OpenSocial (attenzione, il link dovrebbe andare live Giovedì!).
La prima notizia degna di nota è che non si tratta del nuovo, ennesimo network sociale al quale iscriversi solo per “vedere com’è”. OpenSocial, che dovrebbe andare on-line nei prossimi giorni, promette di essere una piattaforma di integrazione fra network sociali. A parte l’uscita di marketing (per deviazione professionale, dove vedo la parola “integrazione” già tendo ad etichettare il pezzo come vaporware), andadno a guardare le specifiche si capisce che probabilmente del buono c’è. Eccome!
In pratica Google OpenSocial è un set di (solo tre!) API, tutto sommato molto semplici (com’era la filosofia di UNIX, per capirci) e di obiettivo assolutamente chiaro:
- Profile Information (accesso dati utente)
- Friends Information (il cosidetto social graph)
- Activities (eventi, aggiornamenti feed etc.)
In pratica, invece che creare un network sociale, Google ha ben pensato di creare un framework che di suo può integrarsi con diversi host (così vengono definiti i network presso i quali i dati continuano a risiedere). Sono già diversi quelli che supportano l’iniziativa: Orkut, Salesforce, LinkedIn, Ning, Hi5, Plaxo, Friendster, Viadeo e Oracle.
Ma più interessante è andare a capire chi può essere interessato, dall’altra parte, ad utilizzare questi servizi. Il fatto stesso che i primi “utenti” siano Flixster, iLike, RockYou e Slide (cioè gli sviluppatori più “vincenti” di applicazioni per Facebook) la dice lunga…
L’idea di condividere fra vari network sociali un “protocollo di accesso” a questi dati di base – le API di cui si diceva prima servono esattamente a questo – consente agli sviluppatori di scrivere un codice unico che funziona allo stesso modo su tutti i network. Al momento invece Facebook usa un’architettura pubblicata ma proprietaria.
E fra tutti i post (vedi i “via” in fondo al post), quello più interessante è in assoluto quello di Marc Andreessen, che nella cosa è particolarmente coinvolto, essendo il fondatore di Ning.
In due parole, il framework è fatto per Containers (le citate Orkut, Linkedin, Ning…) e per Applications (tipo iLike etc..). Cioè esattamente il modello di Facebook. Con una, non irrilevante, differenza: nel caso di Facebook l’unico container possibile è….Facebook! E le applicazioni devono essere scritte apposta per questo, utilizzando API e linguaggi proprietari come FBML (Facebook Markup Language) e FQL (Facebook Query Language).
Come detto le API non sono state ancora pubblicate, ma se qualcuno di voi smania dal desiderio di sporcarsi un po’ le mani, può andare a curiosare nella documentazione delle API di Ning.
UPDATE: Bene, oggi ne parla tutto il mondo…per qualche motivo è saltato il trackback sul post di Marc Andreessen (qui quello di oggi) e…no, basta lamentele! Oggi ne parla anche Marco Montemagno.
Tags: google, opensocial, ning, web2.0