Facebook: la guida all’uso (consapevole)

Che Facebook sia il social network più in voga del momento è fuor di dubbio. Ma aldilà delle valutazioni sul suo successo va evidenziato un fatto importante: il suo utilizzo si sta estendendo molto rapidamente a fasce di utenti non avvezze (o non completamente consapevoli) dell’uso degli strumenti elettronici di comunicazione.

Il risultato è purtroppo abbastanza evidente, e rischia in alcuni casi di diventare abbastanza noiosetto. Al crescee del “rumore di fondo”, a sua volta lineare (e più) col numero di utenti ed amici, diminuisce la possibilità di utilizzare questo strumento per fare cose utili.

Più che una guida all’uso, quindi (perdonatemi il titolo, irrinunciabile!), questo post vuole raccogliere una serie di consigli utili a non intasare le caselle dei vostri amici, a non soccombere voi stessi, e in definitiva a far sì che questo social network rimanga appunto una rete e non un rumorosissima piazza!

Prima un ringraziamento a Giovy che con il suo post ha già dato qualche utile dritta, ma io intendo fare un passetto oltre. Probabilmente sarà una cosa a puntate, perchè le cosa che ci sarebbero da dire sono davvero tante. Finisco questa doverosa premessa facendo presente che questo post giace nei miei draft da ormai troppo tempo. Un ulteriore spunto me lo ha fornito il recente post di Alessandro Giglioli (di cui consiglio la lettura). Per dovere di cronaca segnalo che il post l’ho letto partendo da un post di Giuseppe Granieri, dal titolo molto azzeccato (più del post stesso): Il Grande Banalizzatore.

Siccome i temi sono parecchi, questa è una “prima puntata”. Liberi di lasciare nei commenti suggerimenti per i prossimi temi.

Il Profilo e la Privacy

Su una cosa non ci sono dubbi: il profilo di Facebook è parte della nostra identità online. Lo è di quella pubblica, accessibile a chiunque cerchi con il nostro nome e cognome quell’enorme directory che è Google, oppure lo stesso Facebook, se è registrato. Lo è almeno fino a quando non andiamo a mettere un po’ di paletti nelle configurazioni della privacy.

Non tutti sanno in effetti che c’è la possibilità di limitare la visibilità del nostro profilo, dei dati che ci inseriamo, e anche dei nostri eventi (i cambi di status, l’aggiunta di amici etc) ad esempio rendendoli visibili solo ai nostri amici, o solo agli utenti registrati a Facebook.

Le impostazioni di Privacy in Facebook
Le impostazioni di Privacy in Facebook

Andando infatti sul link “Settings” e poi Privacy Settings è possibile accedere all’interfaccia che vedete qui rappresentata (E’ l’area di configurazione “Ricerca” o Search). Ancora più importante è l’area di impostazioni “Profile”, nella quale è possibile impostare dei filtri, selezionando chi può vedere il vostro profilo, le vostre informazioni personali, gli aggiornamenti dello stato, le foto in cui vi taggano etc etc. Come vedete le possibilità di personalizzazione sono davvero tante. Ad esempio potete far si che solamente alcuni dei vostri amici possano scrivere sulla vostra bacheca, o, in senso opposto, potete far si che oltre ai vostri amici (configurazione di default) possano scriverci anche gli amici dei vostri amici.

Credo che i privacy settings siano il primo elemento a cui mettere mano, se intendete utilizzare Facebook in maniera sana.

I prossimi post su questo tema saranno rivolti a chi utilizza Facebook come una chat o uno strumento di Instant Messaging, o a chi lo utilizza come repository per le proprie foto, oppure per aggiornarne compulsivamente lo status. Beh, vi anticipo che per ognuno di questi usi, esiste almeno un servizio web gratuito che vi permette di fare la stessa cosa. E meglio.

E magari con un po’ di consapevolezza in più si potrebbero evitare abusi e burle, come la storia del gruppo nato per consentirvi di “spiare” chi visitava il vostro profilo.

Facebook: Chi guarda il mio profilo?

UPDATE: Fra le altre cose, attenti alla privacy, su Facebook! Condividere le foto su Facebook non è il massimo. Perchè non provare qualcos’altro?

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C’è modo di saperlo? Questa è una delle domande più frequenti.

Risposta: no, non c’è modo. E’ inutile che vi scervelliate. E soprattutto è inutile che cadiate nel tranello di chi ha creato un gruppo su [tag]Facebook[/tag] apposta con questa scusa! Non fatelo! Non cascateci! Vi si chiede di invitare venti amici a quel gruppo, dopo di che sarete in grado di vedere chi visita il vostro profilo. Beh, è una sonora stronzata fesseria! (Fino a quando naturalmente qualcuno non mi dimostra il contrario).

UPDATE: qualche piccolo aggiornamento.

Il gruppo è già arrivato a oltre 150mila iscritti, segno che a cascarci sono in tanti.

Cosa succede se vi siete iscritti?

Nulla! Nulla di grave, almeno. Il fondatore di quel gruppo ha la possibilità di mandarvi un messaggio, a tutti gli utenti del gruppo contemporaneamente, credo. Ma a parte questo, nessun problema.

Cos’ha di tanto strano questro gruppo?

Beh, come prima cosa, ciò che dichiara è semplicemente falso. Vi state chiedendo se io abbia provato ad eseguire la procedura? No, non l’ho fatto. Non ce n’è bisogno, per capire che si tratta di una fesseria.

In secondo luogo, il fondatore del gruppo ha ben pensato di non consentire agli utenti (ma solo agli amministratori del gruppo, cioè lui stesso!) di mandare messagig agli altri, o di scrivere sulla bacheca, o di postare qualunque tipo di link o notizia. Già questo di per se è un motivo valido per non iscriversi ad un gruppo.

Perchè lo starebbe facendo?

E che ne so? Non essendo iscritto al gruppo non so neanche se il fondatore si sia preso la briga di mandare dei messaggi. Almeno a quel punto potremmo capire il motivo. Fino ad allora, c’è solo da supporre che abbia voluto dimostrare di conoscere un meccanismo molto accattivante (tecnicamente virale) per far iscrivere le persone ad un gruppo. In questo è stato bravo!

Non hai paura che se la possa prendere con te?

Perchè? Perchè gli sto rovinando il giochino? No, non credo proprio. Perchè non gli sto rovinando proprio niente. A parte leggere le mie parole per capire che sta succedendo, gli utenti sono liberissimi di iscriversi. Anzi, ho anche precisato che è una cosa praticamente innocua. E poi ci siete voi a difendermi, vero? Vero?!?!

2° UPDATE: L’autore della burla, come lui stesso la definisce, si è premurato di scrivere un commento, che potete leggere qui sotto. Il commento contiene fra l’altro una importante correzione a quanto da me (erroneamente) sostenuto:

Spam? Pubblicita? Mah, lo sapevate che facebook, dassati i 2000 membri disattiva l’invio di gruppo? No? Certo che no!!

Malware per Facebook

Primo malware per Facebook, almeno il primo che mi colpisca direttamente. per fortuna senza conseguenze.

Arriva con l’identità di un amico. La fortuna è che si tratta in realtà di un ex collega di lavoro. Fortuna, nel senso che storco subito il naso quando Filippo (lo chiameremo così per comodità) mi scrive di aver trovato un video che mi ritrae su YouTube:

Filippo sent you a message.

Subject: i fonud coool vvideo wtih you on youtubee.

“W O W
http://www.facebook.com/l.php?u=http://cc.msnscache.com%2Fcache.aspx
%3Fd%3D74245521488477%26watch%3D3194 – ea9baabb825ea0eb99ea4f95b91d”

Chrome segnala che la pagina linkata (passando prima tramite il redirect di FaceBook) contiene malware del tipo youtube-spy.info.

Attenzione ad arpire i link nelle email!
Attenzione ad aprire i link nelle email!

A parte cestinare immediatamente la mail, ora mi tocca scoprire se l’account del mio amico è compromesso, o se uno spambot abbastanza intelligente può mandare in giro sta roba senza bisogno delle credenziali del mittente. Stay tuned.

UPDATE: mi segnala Flavio che il virus si manifesta anche come link sul wall, e non sono come messaggio.

[tags]malware, facebook[/tags]

95.000$ per un neolaureato in informatica

Il Dollaro è debole, e siamo d’accordo. Negli USA ti devi pure pagare assistenza sanitaria, assicurazione ed altro, va bene.

Comunque 95k (e più!) per uno senza esperienza sono una cifra enorme. A quanto pare la battaglia fra Google e Facebook per accaparrarsi gli studenti (sì, studenti, che ancora devono laurearsi!) di Computer Science di Stanford stafacendo clamorosamente lievitare i salari.

Proprio come qui da noi, vero? Ieri ho comprato la “lattuga romana” a 1.99 Euro/kilo. In salita di almeno il 40% rispetto ad un paio di anni fa…

Facebook, l’ennesima killer app? Forse di più!

Molto sinteticamente, quelli di Facebook hanno annunciato la disponibilità di una Javascript Client Library per l’accesso alle API del sito. La notiziona, passata, come si suol dire, un po’ in sordina, vuol dire che presto potre(m)mo vedere le applicazioni del social network più discusso del momento diffondersi a macchia d’olio su migliaia di altri siti.

Beacon, qualche pezza, ma non si placa la polemica

Pareri contrastanti sul web, negli ultimi giorni, per come evolve la faccenda “Beacon”, il discusso sistema di advertising mirato che da qualche settimana ha fatto la sua comparsa sul popolare network sociale.
Mark Zuckerberg ha scritto sul blog ufficiale che ammette di aver gestito male sia l’introduzione del sistema sia l’handling di questa delicata fase di polemica.
Mentre ReadWriteWeb sottolinea appunto che finalmente Facebook ha inserito una opzione “globale” per disattivare il sistema, Technosailor insiste sull’anomalia di un sistema che sembrerebbe ancora “opt-out” (cioè costringe l’utente ad esprimere il proprio dissenso all’uso del sistema, invece che il contrario).

[tags]beacon, facebook, privacy[/tags]

Beacon, Facebook e la Privacy (e anche un’extension di Firefox per difendersi)

Il mondo pare avercela con Beacon, la nuova piattaforma di advertising lanciata su Facebook.
Il principio di funzionamento è molto semplice: ogni sito partner che vuole interagire con la community di [tag]Facebook[/tag] può inserire nel proprio sistema poche righe di codice che notificano alla rete sociale le azioni dell’utente (avvisandolo, comunque) relative ad acquisti e navigazione. Queste storie vengono quindi pubblicate nel feed dell’utente. L’idea di base è che la pubblicazione sul mio profilo dei miei acquisti possa funzionare da passaparola, da marketing virale, verso gli altri utenti del mio social space.
Ci sono senz’altro delle cose sbagliate in questo meccanismo, la prima delle quali è il modo in cui la feature è stata introdotta, e la seconda è la poca chiarezza sul trattamento di tali dati anche nel caso che un utente decida di non pubblicarli nella pagina del proprio profilo.

Il caso clamoroso è stato quello di un utente che ha comprato su un sito (tra quelli partner di Facebook in questa iniziativa) l’anello di fidanzamento per la sua dolce metà, la quale lo ha scoperto sul news feed del proprio amato! Sorpresa rovinata, come minimo!

Vediamo cosa non va (o non andava).
Opt-in vs. Opt-out: al lancio dell’iniziativa era materialmente difficile comprendere cosa stesse succedendo, e all’utente non veniva proposto di condividere le proprie azioni, ma, al contrario, il default era il consenso. Ora questo meccanismo è stato corretto, anche se è stato segnalato che i dati vengono comunque condivisi con Facebook. Vedi punto successivo…
Le mie azioni di acquisto vengono comunque condivise: secondo questo articolo su Computerworld, le azioni di acquisto e navigazione degli utenti vengono comunque tracciate (e questo però lo diamo ormai per scontato) e spedite a facebook, anche se l’utente ha deciso di non fruire del sistema, e anche se ha già effettuato il logoff da Facebook. Un portavoce di Facebook ha detto che loro cancellano i dati: chi ci crede alzi la mano!
Gli utenti non sono informati in maniera trasparente: cosa succederebbe se Facebook facesse sapere chiaramente, a tutti i suoi utenti, cosa fa con i loro dati? Se dicesse loro che li vende ad agenzie di marketing? Tutti cancellerebbero il proprio account?

Difendersi
Non dovrebbe toccare all’utente difendere la propria [tag]privacy[/tag], è vero. Ma piuttosto che rimanere con le …spalle scoperte, magari ci si può attrezzare con un piccolo plugin che non fa altro che avvisarci con una iconcina nella statusbar se la pagina che stiamo visitando raccoglie le nostre azioni sul sito per inviarle alla piattaforma [tag]Beacon[/tag].

Google OpenSocial: non un altro network sociale, ma una piattaforma di integrazione

Rivelati i primi dettagli dell’ultima iniziativa del gigante di Mountain View: Google OpenSocial (attenzione, il link dovrebbe andare live Giovedì!).
La prima notizia degna di nota è che non si tratta del nuovo, ennesimo network sociale al quale iscriversi solo per “vedere com’è”. OpenSocial, che dovrebbe andare on-line nei prossimi giorni, promette di essere una piattaforma di integrazione fra network sociali. A parte l’uscita di marketing (per deviazione professionale, dove vedo la parola “integrazione” già tendo ad etichettare il pezzo come vaporware), andadno a guardare le specifiche si capisce che probabilmente del buono c’è. Eccome!
In pratica Google OpenSocial è un set di (solo tre!) API, tutto sommato molto semplici (com’era la filosofia di UNIX, per capirci) e di obiettivo assolutamente chiaro:

  • Profile Information (accesso dati utente)
  • Friends Information (il cosidetto social graph)
  • Activities (eventi, aggiornamenti feed etc.)

In pratica, invece che creare un network sociale, Google ha ben pensato di creare un framework che di suo può integrarsi con diversi host (così vengono definiti i network presso i quali i dati continuano a risiedere). Sono già diversi quelli che supportano l’iniziativa: Orkut, Salesforce, LinkedIn, Ning, Hi5, Plaxo, Friendster, Viadeo e Oracle.
Ma più interessante è andare a capire chi può essere interessato, dall’altra parte, ad utilizzare questi servizi. Il fatto stesso che i primi “utenti” siano Flixster, iLike, RockYou e Slide (cioè gli sviluppatori più “vincenti” di applicazioni per Facebook) la dice lunga…

L’idea di condividere fra vari network sociali un “protocollo di accesso” a questi dati di base – le API di cui si diceva prima servono esattamente a questo – consente agli sviluppatori di scrivere un codice unico che funziona allo stesso modo su tutti i network. Al momento invece Facebook usa un’architettura pubblicata ma proprietaria.

E fra tutti i post (vedi i “via” in fondo al post), quello più interessante è in assoluto quello di Marc Andreessen, che nella cosa è particolarmente coinvolto, essendo il fondatore di Ning.

In due parole, il framework è fatto per Containers (le citate Orkut, Linkedin, Ning…) e per Applications (tipo iLike etc..). Cioè esattamente il modello di Facebook. Con una, non irrilevante, differenza: nel caso di Facebook l’unico container possibile è….Facebook! E le applicazioni devono essere scritte apposta per questo, utilizzando API e linguaggi proprietari come FBML (Facebook Markup Language) e FQL (Facebook Query Language).

Come detto le API non sono state ancora pubblicate, ma se qualcuno di voi smania dal desiderio di sporcarsi un po’ le mani, può andare a curiosare nella documentazione delle API di Ning.

via RWW e TC

UPDATE: Bene, oggi ne parla tutto il mondo…per qualche motivo è saltato il trackback sul post di Marc Andreessen (qui quello di oggi) e…no, basta lamentele! Oggi ne parla anche Marco Montemagno.

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Piattaforma Facebook: l’analisi di Marc Andreessen

Molti di voi conoscono (e sono registrati) su Facebook. E molti di voi sanno che con cadenza praticamente giornaliera vengono rilasciate applicazioni per questa piattaforma.
Da fonti non ufficiali, ma confermate, apprendo che su iLike, una di queste applicazioni, annunciata appena un mese e mezzo fa, si registrano in questo periodo anche 300.000 (trecentomila!!!) utenti al giorno. Di sicuro una storia di successo.

Al punto che personaggi del calibro di Marc Andreessen ne hanno voluto analizzare a fondo le motivazioni. Ne esce un post che è lungo come un romanzo, e che naturalmente contiene interessantissimi spunti.

Innanzitutto la considerazione che, per definizione, una piattaforma è qualcosa di infinitamente più pervasiva di una qualunque applicazione, se non altro per il fatto che essa può essere riprogrammata dagli utenti (gli sviluppatori):

Veterans of the software industry have, hardcoded into their DNA, the assumption that in any fight between a platform and an application, the platform will always win.

Si fa quindi un parallelo con l’evoluzione della piattaforma PC dalla fine degli anni 70, evoluzione che si è trasferita con pari enfasi nell’industria del software “net/web oriented”.

La possibile obiezione dovrebbe nascere dalla constatazione che molte, anche famose, web application hanno pubblicato le loro [tag]API[/tag], anche API molto complesse e grandiose dal punto di vista funzionale. Ma qui siamo di fronte ad uno shift del paradigma: non è l’applicazione a rendersi disponibile, è l’intera piattaforma che abilita l’interoperabilità!

Viewed simply, this is a variant on the “embedding” phenomenon that swept MySpace over the last two years, and which Facebook prohibited.

However, what [tag]Facebook[/tag] is now doing is a lot more sophisticated than simply MySpace-style embedding: Facebook is providing a full suite of APIs — including a network protocol, a database query language, and a text markup language — that allow third party applications to integrate tightly with the Facebook user experience and database of user and activity information.

Merita una lettura.

UPDATE: a 10 giorni di distanza dal mio post, ne esce uno di SkyTG24, che cita le stesse fonti. L’articolo contiene affermazioni piuttosto forti.
[tags]iLike, web2.0[/tags]