Dovete convertire un blog da Blogger a WordPress, o il viceversa? Più facile a dirsi che a farsi, per una serie di ragioni legate all’imperfetto match fra i rispettivi formati (oltre ad una serie di problematiche legate alle impostazioni locali del server, che impattano sulle date, sui caratteri accentati etc etc.
Adesso però c’è un’arma in più, messa a disposizione proprio da Google, che peraltro ve la fa pure ospitare sui propri server.
Sono disponibili delle librerie python per la conversione fra i formati di importazione/esportazione di Blogger, WordPress e Live Journal, oltre che un discreto supporto al formato open BlogML.
Attenzione: usando la piattaforma di Google c’è un limite molto stringente (1 MB) per la dimensione dell’xml prodotto, quindi in questa configurazione il tool può essere usato solo per un numero limitato di articoli o per un blog piuttosto piccolo. Ovviamente potete sempre utilizzare il codice per conto vostro, nel qual caso il problema no si pone.
Tanto vale specificarlo subito: la feature è attualmente disponibile solo per telefoni cellulari degli Stati Uniti!
Ecco come funziona. Semplicemente, dopo aver attivato la funzionalità nell’elenco di quelle disponibili nel tba Google Lbas, potete inserire nella finestrella di chat un numero di telefono (US Only, e senza prefisso internazionale) e scegliere “Invia SMS”. Si apre una finestra come quella che vedete riprodotta in figura.
Vorrei ulteriormente precisare che il servizio è disponibile sono per telefoni USA (quindi anche per utenti internazionali di GMail, ma solo con destinatari dei messaggi in USA) per ora. Il che lascia presumere che possano estendere il servizio ad altre nazioni. Chissà se lo faranno anche da noi, dove il costo di invio di un SMS è, per mia esperienza, più alto che in qualsiasi altro paese.
Già dalla mia visita agli headquarter di Google, nello scorso Maggio, ricavai l’impressione, documentata da più parti, dell’approccio alla rete di quei genietti di Mountain View. La plausibile intenzione di trasformare il tessuto di cui è latta la rete nel futuro sistema operativo globale ci è stata in qualche modo confermata dalle caratteristiche di Chrome, il browser opensource che oggi rosicchia quote sia a Firefox che ad Internet Explorer. Della caratteristica di Chrome di essere fondamentalmente votato all’esecuzione di applicazioni Internet parlammo appunto a Settembre.
Quindi da un lato non stupisce che venga fuori il tanto atteso Google Operating System!. Da un lato, però. Perchè dall’altro stupisce che non sia Google a farlo, ma Good OS, una società Californiana (ma va?) già famosa per il suo gOS, un piccolo sistema operativo caricato su dei portatili da 200$ venduti da Wal-Mart.
Il nuovo sistema operativo si chiama invece gOS Cloud, e viene definito dagli stessi creatori un Cloud Operating System. In pochi secondi (quanto pochi dipende anche dalle performance della machina, ovviamente) il sistema carica all’interno di un browser il suo framework applicativo proprietario, permettendo di eseguire applicazioni all’interno di un browser.
Ora resta solo da attendere una qualche versione scaricabile e testabile, per vedere quanto di vero e concreto c’è dietro gli annunci.
Lo cito per la seconda volta in 12 ore, ma solo perchè ritengo il follow-up importante.
Mi riferisco al post sul presunto auto-spam di GMail. La conclusione a cui arrivammo era che si trattava di un tentativo di fare leva sulla feature di GMail che associa il me al proprio indirizzo.
Ebbene, a quanto pare non è più così, come potete vedere dall’immagine.
A suo tempo segnalai la cosa in questo gruppo di assistenza dedicato proprio a GMail.
Anche se banale come modifica, mi sembra una risposta corretta e veloce.
Il prossimo 27 novembre “va in onda” il primo TamTamy Day.
Il dibattito, moderato da Marco Montemagno, sarà ospitato sulla piattaforma di Corporate o Enterprise Social Networking (le etichette si sprecheranno!) TamTamy, che da poche settimane è stata lanciata in “public beta”. La discussione verterà principalmente sulle prospettive di innovazione Web 2.0 in tempi di crisi e su come la tecnologia possa supportare le aziende in termini di produttività, sviluppo del business e contenimento dei costi.
Il dibattito sarà arricchito da alcune testimonianze di aziende italiane che si sono contraddistinte nel panorama del web 2.0.
Il punto forte della giornata è ovviamente la possibilità aperta a tutti di interagire – previa registrazione – in diretta con l’evento.
Disclaimer (obbligatorio!): TamTamy è sviluppato dall’azienda per cui lavoro, Reply. Tuttavia questo post è scritto a titolo puramente personale, e senza nessuna indicazione da parte dell’azienda stessa. Utilizzo quotidianamente la nostra piattaforma interna (insieme ad altri 2000 colleghi!) e sono molto curioso di assistere ad un momento di condivisione live come quello proposto dal [tag]TamTamy[/tag] Day.
Una delle attività più time consuming di un webmaster, almeno di uno che voglia fare bene il proprio lavoro, è la verifica della compatibilità del proprio lavoro con i browser ed i sistemi operativi più diffusi. Oppure anche quelli più disparati!
Anche se non consente di effettuare questa attività in maniera sistematica su tutte le pagine del sito, Browsershots fa un ottimo lavoro nel fare una verifica dell’aspetto dell’home page (o comunque del link che gli date in pasto) con oltre una cinquantina di combinazioni Browser/Sistema Operativo. L’elenco completo dei browser disponibili sulle varie piattaforme è in fondo all’articolo, mentre nella screenshot qui sotto trovate l’interfaccia che vi si presenta con le varie thumbnail generate come risultato del test.
E vi dirò….finora l’unica cosa che mi manca è la barra degli indirizzi dell’ultimo Firefox, alla quale mi stavo velocemente e felicemente abituando. A parte questo devo dire che sulla maggior parte dei siti che frequento abitualmente, o per lo meno di quella decina che ho potuto testare da quando ho installato il browser, la user experience mi sembra…beh…corretta! Nessun problema ma neanche grosse rivoluzioni (con qualche eccezione, vedi in fondo al post).
Ho verificato dai log che il browser viene individuato come “Safari”, il che mi impedirà di vedere nei prossimi giorni (per pura curiosità) quanti utenti accedano qui col nuovo browser.
Una delle feature che ero curioso di testare è il task manager. Diciamo che nelle condizioni normali (come quelle che vedete rappresentate in finestra) è poco utile. Lo diventerà certamente per individuare eventuali memory hog: siti o plug-in che cominciano a mangiare la memoria senza smetterla più.
Ho anche verificato che su qualche sito che si basa sullo “user agent” per l’identificazione del browser (e non sul test delle effettive capacità) javascript viene ignorato, ovvero il server agisce come se non fosse disponibile.
L’eccezione a cui facevo riferimento è costituita da Picasa, il Flickr di Google (di Google?!? Ma vuoi vedere che…). Si tratta di una delle poche applicazioni web che ho sempre disdegnato, principalmente per il fatto che l’utilizzo di quella mostruosa interfaccia, pesantemente basata su javascript, mi è sempre risultato poco gradevole, con il browser sempre apparentemente congelato nel passaggio fra una finestra e l’altra. Ecco, questa è l’unica applicazione che io abbia provato finora nella quale il miglioramento di performance (non velocità pura, attenzione, ma piuttosto l’interattività della finestra, l’assenza di freeze) è notevolissima.
Altre webapp che beneficiano di un certo miglioramento (sempre limitandomi a quelle che ho provato stasera) comprendono il citato Flickr (specialmente l’interfaccia di amministrazione/organizzazione delle foto, geotagging compreso) e parzialmente anche Google Maps.
Se siete curiosi di provarlo, in pochi minuti dovreste riuscire a scaricare Chrome da qui. Il browser si installa praticamente da solo, e se avete l’accortezza di chiudere il vecchio browser durante l’installazione, quello nuovo importerà i vostri bookmark, le password salvate ed in generale le impostazioni.
Fra le cose che mi colpirono di più in occasione del Google I/O dello scorso Maggio, vi fu senza dubbio la presentazione di una versione “0.9” (o giù di lì) di Google Gears, a quel punto già ribattezzato solo “Gears”.
Chris Prince, Project Manager e di fatto papà del progetto la spiegò sostanzialmente così: Gears implementa le funzionalità di HTML5 anche per quei browser che non la implementano nativamente. Cioè – oggi – tutti.
Fra queste funzionalità non c’è solo la possibilità di depositare in locale delle informazioni (un local database) ma anche un oggetto canvas per gestire elaborazioni grafiche un po’ più evolute, un set di funzioni per gestire procedure javascript in multithreading (worker pool) ed altre amenità.
Nella simpatica presentazione del nuovo browser di Google, battezzato Chrome, che ho sfogliato stamattina, ho trovato diversi richiami a quel tipo di approccio: empower the browser, o meglio ancora, exploit the browser potential!
Nella settimana del lancio del nuovo mela-gioiello, ci sono notizie non confortanti per quello che, a detta di molti, potrebbe essere uno dei pochissimi concorrenti dell’iPhone: Android o come lo chiama qualcuno il gPhone.
Ecco, iniziamo proprio da questo punto: non ci sarà nessun gPhone. Almeno stando a ciò che dice…uh…Google!
Android era e rimane il (bellissimo) progetto di un intero stack open per dispositivi mobili. Il problema di questi giorni, o meglio, che si sta manifestando evidente in questi giorni, è che il team di Android non sta riuscendo a rispettare le previsioni per il rilascio delle varie versioni del framework e soprattutto del relativo SDK.
In un messaggio dal tono abbastanza frustrato Jean-Baptiste Queru spiega che rilasciare un SDK di qualcosa di molto instabile può essere anche controproducente in quanto costringe gli sviluppatori ad inseguire i rilasci delle varie versioni del kit, che magari introducono nuovi bug, nuove feature che richiedono modifiche al codice, ed in generale una certa instabilità. A ciò va aggiunta ovviamente la normale complessità di una operazione del genere presso una grande azienda.
There is some truth however in saying that we (the Google Android team) are very much focusing on playing our part in getting an Android device on the shelves as soon as we possibly can, and that focus comes at the expense of other tasks, like getting an SDK out. Since I’m talking about that, I’ll also point out that there’s a large lag between delivery of the final software to a manufacturer and
commercial availability of device with that software: there’s a phase of approvals, acceptance and certification, followed by manufacturing, shipping and distribution, which take a fair amount of time.
Nei messaggi, qualche sviluppatore ha detto che avrebbe aspettato fino a fine Luglio, prima di abbandonare completamente le speranze e passare alla piattaforma iPhone o Windows Mobile.
Non proprio svelati, ma qualche passo verso l’apertura…
Oggi sul Blog Ufficiale di Google c’è un interessante articolo/post di Udi Manber, VP Engineering, Search Quality, che spiega perchè gli algoritmi di ranking siano tenuti così segreti, ma dichiara anche una certa …apertura.
E così si svela che il PageRank, tuttora in uso, è oggi solo una parte di un meccanismo ben più complesso, che tiene conto fra l’altro dei language models (la capacità di gestire frasi, sinonmi, errori…), query models (non solo il linguaggio, ma come le persone lo usano oggi), time models (interessante: ad alcune ricerche è megli rispondere con pagine fresche, ad altre con pagine che stanno lì da più tempo).
E poi la complessità del gestire le query in vari linguaggi, di combattere lo spam…
In definitiva, un articoletto che vale la pena di leggere, in attesa di qualche insight ancora più succulento!