In 19 (su 22 iscritti) ieri alla BloggerCena a Roma. Una bellissima occasione per conoscersi (adesso so che facce hanno Geekissimo, Aghenor e Senzastile, fra gli altri), rivedersi (con Giovy, a 300km e qualche mese di distanza) e condividere qualche riflessione dal vivo. In particolare ho trovato estremamente interessanti le chiacchiere fatte a fine serata con Gigicogo, Stefigno, con i quali si sono affrontati i temi della difficoltà di evangelizzare il grande pubblico all’uso delle tecnologie innovative come mezzo di razionalizzazione ed efficientamento (io lavoro nella PA, sapevatelo!) e dell’aspetto sociale-umano degli incontri fra persone che scoprono on-line di avere qualcosa di interessante da scambiare.
Proprio quest’ultimo aspetto è stato l’argomento di una accesa discussione (accesa nei toni, almeno) che ho avuto subito dopo la cena. I punti chiave della discussione sono stati tre:
- La disponibilità di tali tecnologie sociali ad un gran numero di persone;
- La profonda asimmetria nella disponibilità di tecnologie avanzate (fra “potenti” e “popolo”);
- L’innaturalezza di un rapporto sociale nato e cresciuto sul web.
Su tali tre punti il mio interlocutore ha dato la sua visione, profondamente lontana dalla mia, perlopiù, ma che voglio in qualche modo condividere.
1) La disponibilità di tali tecnologie sociali ad un gran numero di persone
Il punto su ci mi trovo maggiormente d’accordo, forse. Premettendo che ritengo la tecnologia di cui si parla “tecnicamente” disponibile (no,non serve un telefonino da 600 Euro! Basta un terminale da 100 Euro e anche meno, per mandare gli SMS) e a prezzi che sono già abbordabili e lo saranno sempre di più, c’è un aspetto effettivamente critico: il gap culturale. Che non consente a tutti di avere dimestichezza con gli strumenti. Ecco, noi, che facciamo i BarCamp, che pubblichiamo le slide, che interagiamo sui social network, dovremmo tenere presente che tutte le volte che usiamo un termine, non solo tecnico, ma anche solo vagamente anglofono, rischiamo di ingenerare nel nostro interlocutore antipatia e distacco, se non si tratta già di un addetto ai lavori. Comunque è anche per questo che c’è gente che si prende la briga di scrivere “guide” come questa. (LINK)
E comunuqe questo è il punto su cui NOI possiamo e dobbiamo fare di più, non solo raccontando quanto la notra rete sia un innovativo mezzo di marketing.
2) La profonda asimmetria nella disponibilità di tecnologie avanzate (fra “potenti” e “popolo”)
E’ così. Anche se posso cercare di evangelizzare chiunque spiegando che due anni fa, per via della scarsezza di banda (mobile) disponibile e dei relativi strumenti (e di molte altre cose, fra cui un network sociale in cui “avvisare in diretta”) era impossibile fare una diretta dell’evento di ieri sera come Gigi ha fattto appoggiando il suo portatile sul davanzale di una finestra, mi si potrà sempre ribattere che “i potenti” (quelli che spiano, che controllano, che decidono decidevano cosa dobbiamo guardare in TV rete) saranno sempre diversi passi avanti. Ecco, la risposta che non avevo pronta ma che ho in mente adesso è che il gap si è fortemente ridotto. La tecnologia continuerà ad evolvere e quella “nuova” sarà sempre in mano a chi ha più soldi; non credo che da questo assioma si possa scappare. Però senza gli strumenti che io mi ostino a chiamare sociali (nonostante questo faccia arricciare il naso al mio interlocutore: “una stretta di mano è sociale, un sorriso è sociale, non parlare con un PC!), probabilmente della Birmania avremmo saputo meno ancora di quello che abbiamo saputo. Non ce la “rivolta dei blogger” abbia mandato a casa i cattivi, peraltro…
3) L’innaturalezza di un rapporto sociale nato e cresciuto sul web
“Piuttosto che chiedere a qualcuno su Internet scendo per strada, chiedo a qualcuno, mi rivolgo ad un negozio specializzato. Così nel frattempo ho visto facce e persone!”. Come si fa a rispondere? Mettiamola così: se l’obiettivo è quello di rendere disponibili le informazioni, non c’è protesta che si possa avanzare nei confronti della rete, dei blogger, di chi semplicemente pubblica su un sito delle informazioni. Non può succedere (beh, forse questo andrebbe ulteriormente indagato) che tale comportamento “riduca” la qualità degli esperti. Quindi è un gioco “win-win”: chi vuole scendere per strada e trovare gli esperti può ancora farlo, chi preferisce affidarsi al suo dio (minuscolo!), può farlo pure.
Ma la crescita “sociale in senso stretto” è una cosa che non ha nulla a che fare con la disponibilità delle informazioni dietro allo schermo di un PC. Non va confusa la pigrizia con le disponibilità di un canale più comodo. Vado ad un esempio concreto: ricordo ancora le ricerche fatte ai tempi delle medie, in cui ci si incontrava con due o tre compagni di classe e si rovistavano enciclopedie intere (alzi la mano chi NON aveva l’enciclopedia “Conoscere” in 21 volumi!) alla ricerca delle informazioni utili. Perchè oggi dovrebbe essere diverso? Forse perchè i due o tre studenti si possono mettere a cercare su Google ognuno da casa propria chattando e condividendo le informazioni senza incontrarsi? Orribile, se fosse così lo scenario è orribile. Vuoi mettere la mamma che vi porta le tazze di cioccolata bollente mentre voi siete chini con la testa sul tavolo a prendere spunti e appunti (cioè “copiare”) dall’enciclopedia?
Ecco, questo scenario a me piace molto di più. Ogni ricerca finiva di solito sul tavolo del Monopoli. Se oggi non succede, non è colpa della tecnologia! Cioè, è chiaro che la sua disponibilità è un elemento abilitante, ma se papà si rompele palle di prendere la macchina ed accompagnarti a casa del tuo compagno di classe (nonostante tu gli abbia detto che è quello secchione, scelto apposta perchè ciò ti favorirà senz’altro, nascondendogli il fatto che si tratta anche della ragazza più carina della classe!) con la scusa che “tanto potete farlo su Internet”, allora è lui da condannare, non certo la tecnologia.
Mi piacerebbe sentire il commento di qualcuno di voi.