Il keynote di apertura della seconda giornata del Google I/O 2008 è affidato a Marissa Mayer, storica donna del marketing a Mountain View, e ora VP di Google per Search Products & User Experience.
Affascinando la platea con la sua bellezza ma soprattutto con la sua sopraffina capacità espressiva, Marissa ci racconta come Google affronta le peculiari criticità delle proprie applicazioni trasformandole in opportunità! (Ah, il sogno di ogni manager…)
- E’ un gran casino tradurre l’interfaccia in 140 lingue? Facile, facciamolo fare a 250.000 dei nostri milioni di utenti in tutto il mondo!
- E’ sarebbe costosissimo testare nuove funzionalità e misurarne il successo? Facile, facciamolo fare ad una piccola percentuale dei nostri fantastilioni di utenti mondiali?
And so on….come dicono da queste parti.
Elaboro un po’ sul secondo punto, perchè comunque mi sembra assolutamente interessante come approccio.
Ecco come funziona la valutazione della User Experience in Google: quando c’è da testare una nuova feature su quella scarna ma nearly perfect home page (chessò, un nuovo colore di sfondo per gli ads, qualche pixel di spazio in più fra il titolo ed il primo risultato, il numero di risultati nella prima pagina…), queste modifiche vengono presentate ad un certo numero di utenti. “Certo” significa molto piccolo, in percentuale, rispetto al numero totale di utenti (o di ricerche), ma enorme, in termini assoluti. I risultati vengono memorizzati ed analizzati numericamente, inserendoli nella cosiddetta User Happyness Matrix. Quali siano i parametri – le colonne – di questa matrice della felicità non è dato sapere. Ciò che è certo è che la felicità di Google (e dei suoi azionisti) è legata alle revenues. E le revenues sono legate in maniera diretta al traffico.
Quindi qualunque modifica aumenti il numero di ricerche è cool, qualunque altra che lo diminuisca è ‘na schifezza.
Ad un certo punto Marissa, verso la fine dello speech, spiega che in Google DEVONO sapere a che punto saranno le loro technologie chiave nei prossimi mesi ed anni. Almeno per i prossimi due, dice lei.
E spiega che da qui a due anni la ricerca sarà più universale (cioè mischierà più tipi diversi di media), sarà probabilmente multilingua (approfondisco dopo) ma soprattutto sarà più personalizzata!
Cosa? Per-so-na-liz-zata?!? Cioé, Google userà tutto ciò che sa su di me, le mie ricerche passate, le mie abitudini di navigazione, i miei record clinici per fornirmi dei risultati personalizzati?!? E la privacy?
“Beh, in molti casi sarà sufficiente ad esempio sapere DOVE l’utente si trova!” risponde Marissa ad uno spettatore che chiede appunto lumi sulla questione privacy.
A me questa cosa mi fa un po’ paura, ma c’è da dire una cosa: se l’utente è disposto a vendere l’anima i suoi dati personali al Diavolo a Google, pur di avere un servizio migliore…beh, c’è poco da lamentarsi. In un certo senso è lo stesso discorso dei limiti dell’approccio low cost.
Alla fine della sessione successiva (ho seguito ancora Gears) ho fermato Chris Wilson, un signore di Microsoft che ieri aveva fatto una domanda a Chris Prince proprio sui confini che dovrebbe avere la sandbox in cui Gears gira. E lui mi ha risposto che in sostanza dipende tutto da una sclta dell’utente, anche se in questo caso, in effetti, c’è la questione dell’enorme potere di google a scombinare un po’ lew cose. In pratica se l’utente avesse effettivamente un’alternativa, si potrebe fare questo discorso. Nella realtà però oggi non è così.
Lascio ai vostri commenti l’accensione dell’inevitabile diatriba sulla privacy.
Tornando alla ricerca, ed in particolare all’aspetto “multilingua”, segnalo la cosa che mi è sembrata più significativa. La bella, brava e biondissima VP di Google ha fatto l’esempio di una ricerca in lingua Araba (ma vale per tutte le lingue, of course): idealmente il sistema prende la stringa di ricerca, la traduce in Inglese (la lingua più diffusa), la confronta con un indice delle pagine scritte in tutte le lingue (e a loro volta necessariamente tradotte in inglese, questo Marissa non lo ha detto!!!), mette assieme tutti i risultati, e li mostra all’utente traducendo (in Arabo, naturalmente) tutti gli snippet e le informazioni rilevanti.
Interessante, soprattutto perchè renderebbe effettivamente i contenuti disponibili ad una platea ancora più grande.
Intanto vado a seguire un’altra interessante sessione da qualche parte…
UPDATE: ovviamente potete seguire il quasi-live da fonti ben più autorevoli…
[tags]IO2008[/tags]
Ciao! incuriosita dal tuo blog…torno e leggo un po’ in giro.
Trovo alcuni estratti davvero interessanti
In particolare questo…Privacy…Low cost?
Secondo il mio modesto parere non ci trovo nulla di aberrante.
Nel senso abbiamo tutti paura che qualcuno ci rubi… l’anima,senza renderci conto dell’utilità di certe evoluzioni.
Secondo me una ricerca del tipo che si propone Google è sicuramente comoda,
così come sono comodi i siti dove acquisti online i libri e si ricordano di quello
che hai scelto prima…o di altri testi inerenti a quelli che hai scelto tu.
Quello che comunque va tutelato è la possibilità di scegliere se aderire o no e come i
tuoi dati vengono trattati…Così come il low cost…Io ho volato spesso con R.A,
è una mia scelta.. e devo dire che ho sempre saputo quanto dovevo pagare di più – soprattutto perchè mi sono letta per filo e per segno tutto il sito, quanto compreso e quanto no.
Infatti di ritorno da un viaggio a Stoccolma sono andata con tutta serenità a pagare la mia tassa per aver esagerato con i ricordini e di conseguenza il peso della valigia. 🙂
Io sono tra quelli che preferiscono pagare di meno…non per altro, ma perchè sinceramente..tante cose le trovo inutili per un viaggio di 2 ore..:-)
Poi…per fortuna vige il libero arbitrio…Ma non fermiamo la tecnologia o il progresso in nome della privacy solo perché non siamo in grado di capirli.
Buon rientro e scusate per la prolissità…e per avere preso due commenti con un post 🙂
S.
Ciao Sabine! E bentornata. Lascia pure tutti i commenti che vuoi, specialmente se sono centrati e profondi come questo!
Hai colto infatti il punto: dare l’anima (i nostri dati personali) per avere un servizio migliore. Il punto cruciale è proprio lasciare all’utente la scelta, comunicargli chiaramente che cosa si sta facendo dei suoi dati. Così come sul sito di RyanAir c’è scritto (anche se uno deve andarselo a cercare) cosa si paga e cosa no, e quindi l’utente ha la scelta, anche i servizi che ci rubano (o chiedono) i dati dovrebbero farlo in modo esplicito, pubblicando le loro policy in termini di privacy e trattamento di questi dati, come scriveva Stefano qui: http://blog.quintarelli.it/blog/2008/05/dont-be-evil-go.html
In realtà non ce ne rendiamo conto, ma molte delle nostre abitudini sono già registrate. Tu non usi una “cartà fedeltà” di qualche supermarket o centro commerciale? Io si, perchè mi va bene riceve qualche opuscolo pubblicitario in più, magari mirato sulle mie abitudini di acquisto, a fronte di un 5/10 percento di sconto su alcuni prodotti. Anche se questa cosa non viene sempre ben spiegata…
Grazie Eugenio…accontenta in toto la mia richiesta:
https://www.schinina.it/2008/05/torno-a-trovare-google-e-vi-porto-un-souvenir/#comment-8677
se poi ti avanza anche un gadget … 😉
Ciao Luca.
Ho in serbo ancora un bel po’ di commenti, alcuni già scritti e altri no, quello che manca è purtroppo in tempo.
Gadget ne hanno dati davvero pochini. Però ci hanno sfondato di smarties e orsetti gommosi! 🙂
http://flickr.com/photos/eugenios/2537453667/